giovedì 25 dicembre 2008

L'isola che c'è


Nelle città del nord l'alba è un momento vago, incerto, da
cogliere tra uno sbadiglio e l'altro. La nebbia poi, la nebbia
dell'autunno la cancella proprio l'alba e il sole potrebbe
essere ovunque: dietro le montagne, defilato all'orizzonte,
o stampato in mezzo al cielo. Oppure sotto i tacchi.
Ma a Jean non importa, il suo sole personale è quello
africano, quello che spunta poderoso da un aurora infilzata
da trilli di uccelli e strilli di scimmie, che solca imperioso il
cielo come un leone la savana e sprofonda sudato la sera
nell'Oceano increspato; il suo sole quotidiano, invece, è
quel semaforo laggiù, quello che lampeggia per il
momento, ma tra qualche minuto, da quella macchina che
è, scatterà come un sergente all'alzabandiera a mettere in
riga ritardi e malumori della città che spegne i lampioni. Un
lavoro a pochi metri da casa, un semaforo a pochi metri dal
sacco a pelo nel quale Jean se ne sta steso, a scrutare le
pareti del buco apertosi chissà come e quando tra i possenti
graniti delle mura asburgiche, una breccia tra le pietre
grigie e squadrate che dà spazio alle sue notti e alle sue
poche cose. Non troppo confortevole, è vero, ma con un
vantaggio mica da scherzo: c'è posto soltanto per lui.
Che non è poco con i tempi che corrono, con gli immigrati
che si affollano nell'archeologia industriale fatiscente o in
scheletri pericolanti di case abbandonate; e le diverse etnie
a combattersi per la conquista di fogne di periferia, a tirarsi
coltellate ed offese feroci, a coagulare o disperdersi
seguendo le sirene di qualche business o sfuggendo quelle
della polizia.
Jean vive lì, insomma, e gli va bene così anche se, di certo,
nessuna delle sue mogli lascerebbe l'Africa per approdare
in quella tana. Ma non importa, tra qualche tempo sarà lui a
raggiungere loro, con l'aiuto di quel semaforo.
Jean è forse l'unico senegalese in tutta la città che lava i
parabrezza delle automobili mentre i suoi conterranei
preferiscono il commercio di accendini, collanine, borse
griffate, elefanti di plastica, cinture di coccodrillo, ombrelli
per la pioggia e creme per il sole; ma lui no, non ama quel
genere. Preferisce mettere a frutto il suo sorriso e quell'aria
da cane bastonato che ispirano tanta tenerezza per rendere
un servizio ai cittadini automobilisti, specialmente quando
nebbia e smog, indissolubilmente uniti in un pulviscolo
grigio come ogni matrimonio che si rispetti, gli danno una
mano. E poi lui c'è portato per quel lavoro, ci mette
impegno ed intelligenza e ne è ripagato tanto che ha
addirittura dei clienti fìssi. Proprio così, ne è convinto:
gente che arriva al semaforo e si guarda attorno smarrita se
non vede il suo sorriso smagliante che si inchina al
finestrino, la spazzola in una mano e la bottiglia di
detersivo nell'altra. I ferri del mestiere, ma non gli unici.
Le sue armi vincenti sono state psicologia ed
organizzazione, caratteristiche più europee che africane a
dir la verità, ma Jean è un tipo che impara in fretta. Ha
capito che se si avvicina alle automobili con fare dignitoso,
senza aggressività ma anche senza sottomissione, e
soprattutto se lavora con puntualità, in orari fìssi e precisi,
come fanno quasi tutti quelli che si fermano al semaforo, si
sarebbe conquistata la loro fiducia. E' diventato un
lavoratore, insomma, come tutti. Anzi, un imprenditore.
Ma ogni impresa, si sa, ha qualche vantaggio e molti rischi
tra i quali, ad esempio, la concorrenza.
Da qualche giorno, infatti, Jean non riesce a lavorare
tranquillo: presenze fugaci, a volte appena accennate ma
fastidiose, comparsate di gentaglia poco raccomandabile
con un tergivetri in mano ed un sorriso beffardo in bocca.
Dilettanti, gente che non ha la pazienza di curare l'orticello,
schegge vaganti di qualche campo di nomadi senza confini
ne territori, fantasmi insomma, destinati a sparire come
brina al sole ma che, comunque, gli guastano l'umore.
Non cerca guai, lui, non si immischia negli affari altrui, non
invade territori occupati: perché non lo lasciano in pace? E'
già così difficile trattare con gli abitanti del luogo, perché
allora rompersi le palle tra pezzenti? Tra persone che hanno
bene o male lo stesso identico problema che si chiama
sopravvivenza?
Puntuale l'occhio giallo smette di lampeggiare ed il rosso si
accende trionfante: si comincia. Jean raccoglie gli attrezzi,
fa pochi passi intirizziti, qualche saltello per dare coraggio
a sangue e muscoli e la giornata ha inizio. Di già al
semaforo freni ancora umidi fischiano o ragliano, motori
ancora freddi tossicchiano fumo bianco, anime ancora stese
sognano la prossima notte, occhi ancora cisposi lo
guardano inespressivi e lui è lì: presente, attivo, allegro.
Tutto il contrario dei suoi clienti che accettano che il vetro
venga pulito e che gli danno qualche spicciolo come
pagassero un vero e proprio pedaggio al nuovo giorno che
nasce esattamente come quello precedente. Può essere
triste, ma anche rassicurante.
Tutto sembra filare liscio per un po', finché..
- Eccolo lì, il bastardo.. - un ragazzetto dalla pelle, gli
occhi e i capelli slavati. Più bianco di un bianco. L'aria
strafottente ed invadente, poi, ingrossano a Jean il fegato e
le vene del collo.
- Eppure gliel'ho fatto capire in mille modi che l'incrocio è
roba mia.. perché non te ne vai? Questo semaforo è appena
sufficiente a far mangiare me, perché dobbiamo fare la
fame in due? La città è grande: piena di strade, di traffico,
di tangenziali, perché proprio qui? E poi, perché quel modo
di fare insolente, da prepotente.. va a finire che mi sputtani
il lavoro di mesi, bastardo! -
Lo zingaro infatti, finché c'è il verde, se ne sta stravaccato
sotto una pianta a girarsi i pollici, al giallo non fa neanche
una piega, al rosso scatta come un assatanato roteando la
spazzola, riempiendo i parabrezza di detersivo e schiuma
senza neppure chiedere il permesso agli automobilisti
ottenendo come risultato qualche monetina ed una valanga
di vaffa. Ma la cosa sorprendente è che sembra proprio
quello lo scopo della sua presenza, un'invasione gratuita,
provocatoria e così inutile da far sorgere il dubbio,
legittimo, che non possa essere nient' altro che un segnale,
esplicito, indirizzato proprio a lui, a Jean. Ma a quale
scopo? Ovvio.
E' ancora verde ma lo zingaro si riaccomoda sotto un
albero sfogliando un fumetto che ha trovato nel cestino
delle immondizie. Guarda goloso le figure, divertito, sapesse
anche leggere.. c'è stato a scuola, qualche mese, ma niente
da fare: troppo occupato a difendersi dagli sguardi dei
benpensanti, dai sussurri delle mamme, dai buoni propositi
degli insegnanti, dalle cattive tentazioni che un mondo
benestante può offrire a due mani abili. Cacciato, insomma.
La qual cosa non ha fatto altro che alzare le sue quotazioni
agli occhi della popolazione del campo ma soprattutto di
Maria, la sposa promessa. Giovane, bella ma, cosa più
importante, la regina dei semafori, colei che annebbia le
coscienze e svuota le resistenze degli automobilisti più di
tutte le altre donne del campo, anche di quelle che si
portano appresso i bambini. Tra un mese sarà sua moglie,
con il consenso delle famiglie, ed il futuro è assicurato.
Ma è il presente che lo annoia. E' vero, al campo gli hanno
spiegato che anche i nomadi hanno territori da difendere,
che già è dura con la calata di tutti quei polacchi dalla testa
di marmo e le spalle un po' troppo larghe per cacciarli
dagli incroci senza lasciare qualche dente sull'asfalto, ma
se adesso ci si mettono pure gli africani, il terzo mondo!, è
la fine. Così l'hanno mandato là, a rompere le uova nel
paniere ad uno stupido negro che ha sbagliato indirizzo, ad
uno sbandato che non ha capito che se qualcuno vuole
sconfinare non può far conto soltanto sulle proprie forze.
Sei forse protetto da un fisico possente, o da un gruppo di
amici dagli occhi taglienti e le mani come badili o, magari,
conti sul passaggio di qualche pantera della polizia che
chiuda un occhio sulla tua attività e addirittura si faccia
lavare il parabrezza senza sborsare un centesimo? Macché,
un solitario magro ed allampanato, dall'aria così afflitta da
far pena, anzi, tenerezza. Ed è quella la sua dote, un'aria da
cane bastonato ma fedele, uno di quei cani che non
abbandonano mai nè il padrone nè la catena; e sono cose
che funzionano da queste parti.
Capace che, alla fine della giornata, lo stupido negro ha in
tasca più moneta di Maria, la sua regina... ma guardalo, è
livido di rabbia, anzi, da nero sta diventando giallo, un
travaso di bile, poco ma sicuro!, e la mattinata è ancora
lunga, le automobili in aumento e la pazienza dell'africano,
diciamo verso mezzogiorno, sarà allo stremo. Quando
l'intruso si arrenderà, lui se tornerà al campo e suo suocero
sarà contento. Maria lo guarderà fiera, sua madre gli
preparerà il pranzo e suo padre gli infilerà in tasca un po' di
denaro. Però, fino a quel momento, che palle.

Jean pensa di aver capito. Continua il lavoro come niente
fosse, il suo sorriso si allarga candido nella nebbia, come il
solito, le sue mani si muovono con la destrezza di sempre,
ma ha capito.
Si concede una pausa, depone la spazzola e si accoccola ai
piedi del semaforo, la schiena appoggiata al palo, le mani
sulle ginocchia. Si guarda le scarpe, mentre le automobili
sfrecciano sfiorando l'isola pedonale che lo protegge, e
pensa all'isola dove è nato e cresciuto e anche là è sempre
stato protetto. Ricorda la sua casa gonfia di fratelli e
sorelle, di zie e di madri, la nonna soprattutto, e il suo volto
misterioso, un labirinto di rughe e di sorrisi; le strade
polverose e gli amici magri e felici, che spuntano dal nulla,
sospinti dal vento che li trasporta ovunque assieme alla
sabbia e alle loro camicie e poi tutti sulla spiaggia, a vedere
se l'oceano è incazzato. O giù in città, in un traffico
disordinato di automobili scalcagnate, dalle carrozzerie che
assomigliano ad animali preistorici un poco acciaccati,
dagli scarichi che sfiatano miasmi biblici e sobbalzano tra
le strade bianche senza bisogno nè di cartelli nè di
semafori; è sufficiente una mano dal finestrino per
cambiare dirczione, arrivare per primi ad un incrocio per
guadagnarsi la precedenza e suonare il clacson, ammesso
che funzioni, è un modo per salutare amici e parenti,
oppure, soltanto una felicità semplice.
E il mercato.
Colori e odori che si inseguono perfidamente tra mosche e
spezie, banane e cocchi, sacchi di riso e carcasse di agnelli,
lumache giganti e pesce secco; tra urla ed insetti ed il
ciabattare di donne che contrattano.
E le notti, con i pochi lampioni umiliati dalla luna piena, a
girovagare in gruppo senza parole, ascoltando la risacca,
giocandosi a dadi i quattro punti cardinali per la fuga che
sarà. Perché da ogni isola che si rispetti tutti sperano di
scappare per poi sognare un dolce ritomo.
Che ne sa quel coglione di là della sua isola? Jean si rialza,
con un dubbio: e se avesse anche lui la sua isola?
"Ma la mia è più bella" pensa, rimettendosi al lavoro.

Lo zingaro ci è rimasto male.
Convinto di essere ad un passo dal successo, dalla resa
totale del nemico, ha addirittura gettato il fumetto, pronto a
ritornarsene al campo.
"Ma come, si è sdraiato a terra, come un cavallo sfiancato..
perdio, avrei dovuto attraversare l'incrocio e tagliargli la
gola, appenderlo al semaforo per le gambe e lasciarlo
dissanguare come una capra..", si guarda attorno, come se
avesse un pubblico che lo ascolta " Certo che ne sono
capace, volete vedere? Volete vedere come uso il coltello?"
ma non c'è un cane a sentirlo e si rimette a sedere. Quel
piccolo sfogo lo ha calmato e riportato alla mente i ricordi
di quando aveva veramente a che fare con capre e cavalli.
Oh, diversi anni prima, è vero, quando il campo era un
accampamento, in un altro paese, ad est. Allora si coabitava
con cani, galline, capre, cavalli; adesso roulottes ed
automobili. Quand'era meglio? Mah, difficile.. certo non si
può viaggiare in autostrada trainati da un cavallo, però
quando suo padre lo caricava sul dorso senza sella e
mollava una pacca sul culo della bestia, lui si aggrappava
alla criniera ed era una sfida con il vento, con l'erba alta
che si apriva come il mare davanti ad una chiglia, con i
rami che frustavano i capelli neri come nerbi di cavalieri
nemici, con i fossi che tagliavano i campi come trappole
per uccelli. Ma lui diventava davvero un uccello, un'aquila
che infila cerchi concentrici sulla preda, un falco che
disperde uno stormo di cornacchie, un colombo che cerca la
strada del ritomo.. un passero spennacchiato, come lo
chiamava suo padre quando lo disarcionava ridendo. Gli
piace pensare a quei tempi, ma non lo ammetterebbe mai a
nessuno, nemmeno a Maria. Certo, c'è una bella differenza
tra allora e oggi, tra un puledro tutto muscoli ed uno
stupido negro più ostinato di un mulo! E se lasciasse
perdere? No, no.. non se lo può permettere. Il clan. Maria,
sua madre.. e suo suocero, chi lo sente poi quello? Non
potendo estrarre un coltello, l'unica strada è armarsi di
pazienza ed aspettare che lui, quell'altro, raccolga spazzola
e detersivo e scompaia all'orizzonte, possibilmente verso
l'equatore.
Lo guarda, guarda la figura scura che ora agita le braccia e
fa dei cenni. A lui? Sì, proprio a lui, lo sta chiamando a
quanto pare. Bene, non è certo tipo da aver paura, infila le
mani in tasca per controllare se il coltello è sempre lì ed
attraversa l'incrocio.
- Che c'è amico, qualcosa non va? -
- Certo, certo che qualcosa non va.. perché sei venuto
in questo posto, non vedi che ci pestiamo i piedi,
che ci danneggiamo a vicenda? -
- Come sarebbe a dire? Il mondo è di tutti ed io sto di
qua e tu di là, mica puoi lavare anche i vetri alle
automobili che vengono dalla mia dirczione.. che
fastidio ti do? -
- E' perché lo fai male, capisci? Non ci si comporta
così da.. da.. maleducati! In questo modo tu
sputtani anche me, il mio lavoro. Se vuoi
guadagnare qualche soldo devi essere gentile, far
capire ai clienti che tu sei disponibile, che sei lì per
loro, per offrire un servizio, devi essere.. educato,
capisci? -
No, lo zingaro non ha capito, soprattutto non crede alle
proprie orecchie: discorsi simili sì, ne ha sentito ancora a
scuola dagli insegnanti, in galera anche, dagli assistenti
sociali, da qualche prete magari, ma da un pezzente di
negro..
- Tu dici a me che sono un maleducato? Mi stai
dicendo questo? -
- Non io amico: i fatti! Quanto hai raccolto finora?
Parolacce, te lo dico io. Guarda.. -
Estrae un pugno di monete, bello pesante, e glielo mostra
- Vedi? Devi fare come me, se vuoi ti insegno.. -
Gli occhi scuri dello zingaro hanno un bagliore subito
spento, e se ci fosse qualcosa da guadagnare?
- Ma la gente ti da ogni giorno tutto quel denaro? E
dove lo tieni? -
- Qui vicino, a casa mia, è ovvio. Vuoi vedere? Vieni,
tanto adesso il traffico cala per un'oretta.. -
Attraversano assieme la strada, scendono per il vallo
pratoso che porta alle mura di granito ed arrivano alla
breccia. Jean mostra orgoglioso la "casa", il sacco a pelo, il
fornelletto per cucinare, le candele per illuminare
Vuoi un the? No? Tu sei giovane, dovresti tenerti
su: bere, mangiare.. e a donne come va? Senti, vuoi
qualcosa per aumentare la tua potenza? Guarda,
vedi questo sacchetto di pelle? C'è polvere di
guaranà, me l'ha data un brasiliano.. è fenomenale,
te lo garantisco! -
Polvere di guaranà, potenza sessuale, intrugli brasiliani, ma
di cosa sta parlando l'imbecille?
- Ma i soldi, dove sono? -
- Eh, non li tengo mica qui, li seppellisco laggiù, nel
prato. Vieni. -
Ritornano sul prato, bianco di brina e sporco di plastica e
cartacce, intricato da erbacce e reticolati divelti, sconnesso
da buche ed avvallamenti fino ad uno spiazzetto sgombro.
Jean raccoglie un vecchio badile arrugginito e comincia a
scavare finché il ferro urta contro il ferro.
- Ecco, hai sentito? -
Lo zingaro stringe il coltello nella tasca ed allunga il collo
verso la buca
- Che cosa c'è? -
II badile si rialza e riabbassa come un lampo, un colpo
secco ad aprire un'anguria, ad affettare un serpente, ad
arpionare un tonno, a squartare lo slancio di un predatore,
ad anticipare il soffio della morte.
Jean continua a scavare, sospirando. "Tranquillo fratello,
non sei il primo, non sarai l'ultimo". Riempie la buca, si
pulisce alla meno peggio, un'occhiata al traffico che scorre
indifferente nella nebbia e risale sulla strada.
Raccoglie gli attrezzi e ritoma al lavoro, al semaforo,
all'isola.
Pedonale.

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