venerdì 7 marzo 2008

Patto di sangue

Brutto spettacolo, quella piccola folla.
Il disordine, la confusione, il trambusto: come può l’indagine procedere con un minimo di serietà, di credibilità? Gente che va’ e viene, che cammina, che borbotta con aria incredula, la sigaretta in mano e la cenere sul tappeto turco, qualcuno che si frega l’accendisigari d’argento o la statuetta egizia; e poi questurini in divisa che contrattano con i fotografi, questurini in borghese che non vogliono i giornalisti; quelli della scientifica che spargono polverine e poggiano teche numerate sulla moquette, muovendosi come gattini affamati tra i piedi delle autorità; agenti che frugano nei cassetti della biancheria, un mucchio selvaggio che maneggia mutandine e calze di seta come fossero scorpioni; vicini di casa che premono per rendere testimonianze volontarie e volonterose - ..né visto né sentito assolutamente niente, però quella là.. -, per sbirciare nel mini ammobiliato in tutto e per tutto uguale al loro ma che, date le circostanze, sembra tutta un’altra cosa.
- Ma non ci sono le Tivù? -, che delusione.
L’ispettore Armani allentò la cravatta e si acquattò nella poltroncina, in disparte. Voleva attaccare la gomma sotto il tavolino di cristallo ma pensò, era sicuro, che qualcuno della scientifica l’avrebbe infilato prima o poi in un sacchetto di plastica. Non aveva la minima intenzione di complicarsi la vita, così rinunciò.
Rinunciò anche ad ascoltare il fruscìo di voci che si sovrapponevano e si rifiutò di guardare il cadavere; scomposto, patetico, rigido ormai.
- Povera ragazza.. – il solito commento finale, rituale, formale – d’altra parte, in questo maledetto mestiere se ne vedono di cotte e di crude.. –
Ed è vero, ma era ancora vivo in lui il bisogno di non arrivare all’assuefazione totale, al cinismo; è vero anche che quegli occhi sbarrati la gola tagliata, non erano uno spettacolo buono per ogni stomaco. Ma, soprattutto, non voleva distogliere l’attenzione da un richiamo, una scintilla. Un barlume che si era acceso nella mente. Anzi, nella memoria.
L’arma del delitto.
Abbandonata sul tappeto, ripulita per bene come un pezzo d’argenteria: com’è che nessuno l’ha ancora raccolta?
Si sentì grasso e sudicio, sudato come nei pomeriggi estivi laggiù, in periferia. Un senso di languore, di nostalgia ed anche un po’ di vergogna: l’ispettore Armani, allora, non era forse “Ciccio”, il ragazzino grasso e pauroso, diciamo pure vigliacco? Sorrise amaro.
Quant’era forte invece il “Lisca”, capo indiscusso della banda che era il terrore del rione; forte poi con quel coltello che sul manico aveva un cavatappi e che si portava sempre in tasca, spietato con i conigli che le comari gli raccomandavano di ammazzare delicatamente, con un colpo solo. Un ragazzo in gamba, nel suo genere, ma ora il cavatappi era lì, lucido, sinistro e bene in vista!
L’ispettore Armani sciolse il nodo della cravatta - ..ma che idea – pensò. Che relazione poteva avere il Lisca con quella storia, con quella ragazza di buona famiglia stesa sul pavimento?
- Nessuna, ovviamente, però.. – quel maledetto attrezzo! Quanti in città usavano un aggeggio del genere, quanti sono capaci di quel colpo netto?
Scosse la testa, incerto. Troppa grazia santantonio, ma ci pensate? Lui, promosso ispettore soltanto dopo aver costretto i parenti fino al sesto grado a votare l’Onorevole, lui che alla cerimonia della promozione aveva dovuto subire i commenti sussurrati dei colleghi e lo sguardo beffardo del Questore! Lui, che ora aveva nella manica il poker d’assi, un piatto servito dalla dea bendata per risolvere un caso per il quale si era scomodato addirittura il Prefetto! Si passò una mano sulla fronte, “ma siamo sicuri poi..?”
Rifece il nodo alla cravatta, strinse la cintura di un buco ed uscì.

I borbottii della marmitta bucata sembravano le fusa di un gatto steso sul marciapiede bollente. La tenda del fruttivendolo copriva le casse di mele e d’insalata rugginosa, nella bacheca del giornalaio la brezza leggera gonfiava appena la pubblicità dei settimanali, dal negozio del barbiere usciva tenue il ronzio del ventilatore.
“Da non credere: è rimasto tutto uguale, come quando me ne sono andato.. ma è soltanto apparenza, è chiaro: gli anni passano e i tempi cambiano, per tutti..” gironzolava lento per le vie deserte, prendendo tempo “Anche il Lisca si sarà adeguato, da piccolo teppista sarà diventato un buon professionista, uno di quelli che dopo il colpo non si fa certo crescere l’erba sotto i piedi, nessuno è così fesso.. ma non si sa mai. Diamo un’occhiatina qui”. Parcheggiò accanto ad un cassonetto fetido di verdura marcia e nicotina. La Sala biliardi era un prolungamento della puzza.
Entrò come aveva fatto tante altre volte da ragazzo, ma non gli riuscì così bene. La vita ed i destini cambiano, e così non c’erano più i saluti borbottati, le risatine tranquille di chi conosceva Ciccio e sapeva che non c’era nulla da temere, la sicurezza di chi non girava nemmeno le spalle in segno di disprezzo: tutti ormai sapevano che cavolo di lavoro era il suo.
- Un caffè –
- La macchina non è ancora in pressione. Ci vorrà del tempo, aspetti o te ne vai? –
- Chiamami il Greco –
Dal retrobottega una mano che sembrava un badile scostò la tenda, un braccio simile ad un paranco si appoggiò pesante sul banco, le labbra sottili che serravano una pipa non sorridevano
- Ciao “Ciccio”. Cerchi qualcuno, qualcosa o solo rogne? –
L’ispettore Armani ricordò di essere un poliziotto, prese di tasca il distintivo e lo poggiò sul banco, capovolto
- Sono in vacanza, voglio rivedere i vecchi amici. Sai niente del Lisca? –
- Ma che cerchi.. Ciccio, qui passa tanta gente tutti i santi giorni poi, all’improvviso, non la vedi più per mesi: cosa vuoi che me ne importi? Qui per me non ci sono amici, ma soltanto clienti, è il mio lavoro. Giusto? –
- No, no, io e te siamo stati amici, te lo sei scordato? Credimi Greco, è solo una rimpatriata, non vorrai rovinare la mia unica giornata di ferie.. –
Si diresse al biliardo più vicino ed infilò la mano in una buca qualsiasi. La ritrasse piena di bigliettoni
- Ma tu guarda la combinazione, tu non ne sapevi niente, vero? –
Il Greco fece schioccare le dita, scuotendo la testa – Questurini.. sempre i soliti – fece un gesto con la mano – vieni di qua –

Dietro una fila imponente di cassonetti, appena oltre il parcheggio abusivo stipato di automobili ammaccate, infilata nell’angolo di una facciata in via di estinzione c’era l’entrata dell’Hotel Paradiso. Il ragazzino si infilò furtivo dietro il bancone custodito da un vecchio immobilizzato dalle bretelle. – Avvisa il Lisca, qualcuno lo cerca – Il vecchio mosse appena un dito e premette tre volte un pulsante.
Il cicalino gracchiò ed il vecchio sollevò la cornetta – C’è qui un ragazzino, te lo passo.. –
Il ragazzo si impossessò del telefono - Lisca, ho un messaggio: il Greco dice che Ciccio vuole ricordare i vecchi tempi, da buon amico. Il Greco dice anche di non fidarti.. –
- Il Greco si è rincoglionito! Il poliziotto ti ha seguito di sicuro.. ascolta, rimani con il portiere ancora qualche minuto e poi squagliati, chiaro? –
Ciccio si asciugò il sudore dalla fronte, soddisfatto – Sta invecchiando l’amico! Già trovato, chi l’avrebbe mai detto? – scese dall’automobile e si appostò sul marciapiede, aspettò che il ragazzo uscisse, si aggiustò la cravatta ed entrò. L’odore di muffa lo portò direttamente al banco – Ciao giovanotto, sono qui per un controllo sui contributi.. – mostrò la patacca – il Lisca mi aspetta, dammi il numero.. –
Il portiere sembrava una mummia. L’ispettore Armani allargò le braccia ed allungò un paio di biglietti sul banco – Ho capito, tu i contributi non li versi ma li chiedi, allora? –
- Stanza tredici, secondo piano. La porta è aperta ed il letto rifatto: quindici sacchi a notte. Da un quarto d’ora è libera, la prende? –
- Porc.. – Ciccio si voltò di scatto rischiando di abbattere la porta a vetri sozzi, si infilò in macchina e partì sgommando.
Il vecchio si inumidì le dita e schiacciò il pulsante – Via libera -. Un uomo dal taglio atletico ed il sorriso di faina uscì dal vano del finto ascensore – Grazie nonno –
Fuori il sole era caldo e la brezza leggera ma, soprattutto, i netturbini erano all’opera.

Le stanze delle questure hanno, da tempo immemorabile,un odore inconfondibile: di tabacco, di muffa, di nylon, di piedi piatti, di dopobarba da scaffale, di deodoranti da automobile. Ma d’estate puzzano anche di caldo.
L’ispettore fece scricchiolare la sedia ed accese il ventilatore – Sembra l’elica di un bombardiere.. –
L’appuntato Ponzoni entrò con la posta e la solita aria svogliata – Ha sentito ispettore? L’omicidio della ragazza è stato affidato al commissario Bazzini.. –
- Hanno in mano qualcosa? –
- Sanno che la vittima aveva una relazione con uno spacciatore che le procurava la “roba”, ma nessuno lo conosce.. eh, eh:” la polizia brancola nel buio” –
- Ma non era una ragazza di buona famiglia? –
- Andiamo ispettore, in che mondo vive? E’ proprio nelle buone famiglie che.. –
- Ciao Ponzoni, ciao, esci pure e la prossima volta bussa –
Aspettò che la porta si richiudesse, tirò fuori dal cassetto la pianta della città e ci piantò i gomiti
- Vediamo, il Lisca è un ragazzo spavaldo, ma soltanto tra mura amiche. Va a pranzo dalla madre e nello stesso condominio ha un paio di fidanzate, spaccia alla Sala biliardi che saranno cinque minuti di strada e dopo il delitto si è rifugiato all’Hotel Paradiso, mezzo isolato più in là.. è chiaro che l’amico ha un’autonomia limitata, diciamo un paio di chilometri. A questo punto non dovrebbe essere troppo difficile, - tracciò un cerchio sulla zona – non può essere che qui! –

Le stanze dell’Hotel Paradiso avevano il pregio della sicurezza, della tana protetta, dell’ultimo rifugio per la preda braccata; ma non parliamo di comfort.
- Quanto darei per una vasca da bagno.. – il Lisca si rigirò su quel maledetto letto che pigolava ad ogni battito di ciglia, fissò il soffitto che parcheggiava una legione di zanzare, osservò la carta da parati chiedendosi se fosse proprio lei a sostenere le mura della camera – Avessi almeno una radio, sono stanco di traffico e di tarli –
Ripensò al Ciccio: cosa diavolo si era messo in testa, perché lo stava cercando? Ed era riuscito a fregare addirittura il Greco, che avesse imparato il mestiere? Ridacchiò – No dai, non è possibile.. quel ciccione! – ma qualcosa gli tormentava la bocca dello stomaco – Maledizione, che sia per il cavatappi? Imbecille che sei, volevi lasciare la firma, vero? – si diede uno schiaffo in testa – Hai visto che hai combinato? Il trippone si è ricordato di quell’attrezzo, il tuo biglietto da visita, ed ora crede di avere in mano la soluzione del caso! – si mise seduto sul bordo del letto – E’ venuto da solo, perché? Perché la carogna cerca il colpaccio, la promozione, l’intervista sui giornali e tutto ciò a mie spese! – strinse il naso tra le dita, per riflettere, ma immagini di sangue lo fecero desistere. Si alzò allora dal letto, passeggiando nervoso in un metro quadro – Ma via, l’hai fregato ieri, lo fregherai anche domani: vogliamo aver paura del Ciccio? Uno che conta come un due di picche, un ex ragazzino dal destino scritto sulle lentiggini.. – si ributtò sul materasso – ma anche se riuscirai ad arrivare fino a qui non la spunterai, stanne certo –

L’ispettore Armani sbrigò la posta, firmò un paio di rapporti ed uscì per il caffè.
Attraversò la piazzetta ed entrò nel bar, che proprio dirimpetto alla Questura, faceva giornata contando su una clientela molto selezionata: poliziotti ed informatori. Anche il barista faceva l’informatore, nel senso che riferiva ai questurini ciò che veniva a sapere da altri questurini.
- Salve ispettore –
- Fammi un caffè e passami il giornale –
Sedette ad un tavolo, aprendo le pagine di cronaca. Sul delitto fiumi di parole, illazioni, ipotesi, insinuazioni – Bene, non sanno niente – Andò a spulciare nei trafiletti tanto per tenersi aggiornato sui rapporti che aveva firmato ma non letto. Il cameriere poggiò il caffè sulla pagina di varie, l’ispettore se la spostò più vicino ma il cerchio lasciato dal fondo umido del piattino centrava perfettamente un titoletto che gli era sfuggito: TUTTI LO CERCAVANO, MA NON ERA MAI USCITO DI CASA”.
La notizia, in sé, non era granchè. Parlava di un pensionato che si era suicidato nel frigorifero, i parenti avevano frugato per ore in casa e nei dintorni finchè al nipote non era venuta fame. Niente di speciale insomma, ma il titolo lo colpì; gli ricordava qualcosa, sentì che in qualche modo lo riguardava direttamente, gli apriva una ferita improvvisa e dolorosa
- Vuoi vedere che quel gran figlio di buona donna non si è mai mosso dall?Hotel?! –
Uscì senza pagare.

Davanti all’Hotel Paradiso c’era traffico, quella sera. Gli spacciatori sotto il lampione d’angolo ed i tossici in fila, come alla fermata degli autobus, le auto parcheggiate dentro, fuori e sopra le strisce, le puttane schierate rigorosamente nelle aree di competenza ed i clienti che, indecisi ma arrapati, creavano qualche intralcio di troppo. In pratica si tamponavano come pensionati negli uffici postali.
Dalla finestra della stanza soltanto la brace della sigaretta che illuminava a tratti una canottiera candida; nessuno poteva scorgere il volto preoccupato, il gesto nervoso delle dita che stringevano la camel, ma l’intensità e la frequenza che accendevano quel piccolo punto rosso erano la spia, il termometro di una febbre.
- Ciccio, Ciccio.. – se lo ricordava bene, naturalmente. Una storia normale, di periferia: ci sono i forti e ci sono gli altri. Chi le dava e chi le prendeva, ad ognuno la sua parte, l’importante è che ci sia chiarezza. Il ciccione, naturalmente, era il più debole dei deboli ma, allo stesso tempo, era uno che non ti dava soddisfazione: sembrava di vincere, ma non eri mai sicuro. Era ambiguo l’amico.
- Lo battevi come una bistecca e lui ti faceva quel sorrisetto da coglione.. non c’era nemmeno gusto –
Questo lo indisponeva, gli metteva dei dubbi – Se è arrivato a collegarmi con il cavatappi tanto scemo non è. Potrebbe arrivare a capire che non mi sono mai mosso da qui! Ma di una cosa sono certo: si muove da solo, il bastardo, vuole una rivincita personale, vuole dimostrare a se stesso che ha le palle.. – la sigaretta volò dal balcone, scintillando nel buio – Meglio perdio, questo farà il mio gioco! – gettò un’occhiata sul solito spettacolo serale, quello di sempre, consueto e un po’ noioso ormai -..e se me ne andassi? –
Di sotto, tutto era in movimento: uomini, donne, fari, denaro. Soltanto un’automobile, all’angolo, aspettava immobile. Dentro, l’ispettore Armani fumava senza tregua, e senza fretta. – E dai, Lisca fatti vedere, accendi quella luce. So qual è la tua finestra perciò fa’ qualcosa, dammi un segno, vuoi farmi passare tutta la notte in questo maledetto trabiccolo? Che razza di mestiere questo.. –
Ma cosa stava aspettando? Conosceva il numero della stanza, era sicuro di trovarci il suo pollo, di che cosa aveva bisogno ancora? Si mosse a disagio sul sedile – Non è questione di coraggio.. ci vuole prudenza con certa gente. E poi, il caso non mi è stato neppure affidato: e se faccio la figura del pinguino, se non c’è nessuno nella stanza, cosa gli racconto al commissario? Se butto giù la porta di quella topaia e dentro ci trovo una puttana con il cliente, va a finire che ci lascio pure uno stipendio! –
Rimaneva lì, insomma, malgrado il formicolio che saliva dai piedi, gli occhi fissi alle finestre buie. Finchè, improvvisa, dal terzo buco nero della facciata, più o meno dal secondo piano, la scia di una sigaretta volteggiò fino al marciapiede schiantandosi in una miriade di scintille. Benché le gambe si muovessero come un compasso arrugginito, gli occhi puntati sul luogo dell’atterraggio, il Ciccio scese come un automa alla ricerca del mozzicone: sembrava un barbone. Alla fine lo trovò, era proprio una cicca di camel!
Cercò di riprendersi dal torpore e da una vaga debolezza di gambe; era arrivato il gran momento. Che fare? Si passò la mano sul viso, si massaggiò gli occhi, si grattò la barba fuori ordinanza, si tastò sotto le ascelle dove c’era la pistola e poi decise – Non ci sono alternative, devo darmi una mossa –
Entrò nell’Hotel, il passo incerto, perfino il vecchio lo scambiò per un ubriaco, – ..quindici sacchi.. –, il solito ritornello. Estrasse la Beretta personale, un modello non ancora in commercio e che aveva una caratteristica unica, anche se non nuova nel suo genere: faceva veramente paura. – Non muovere un dito, vecchio, metti le mani dietro la schiena! – gli passò alle spalle e lo ammanettò al calorifero. Era indeciso se addormentarlo con una bella botta in testa ma si accorse che stava già russando: doveva aver letto un buon manuale di sopravvivenza. Salì prudente le scale, sfiorando i gradini come a sfidare la legge di gravità, la legge che più del codice sembrava condizionare la sua vita. Come costringere un quintale di ciccia a sorvolare come una libellula quaranta gradini di legno marcio? Come impedire alla nicotina di far ansimare due polmoni alle prese contemporaneamente con una scala impervia ed una fifa blu?

Il Lisca era ancora sul letto, sempre più inquieto – Sparire, forse sarebbe veramente la soluzione migliore, ma dove? E con quale denaro? Mi servono soldi, appoggi.. quando sei ricercato devi prendere delle precauzioni, delle cautele, mica puoi salire su un treno e tanti saluti! E’ colpa mia se non mi sono mai mosso da casa, dal quartiere, dagli amici? Ma guarda in che casino sono finito, per colpa di una stupida figlia di papà.. – si sentiva in trappola, come mai nella sua vita – Calma e gesso, come dicono giù al biliardo: l’unico elemento che ti può incastrare è quella storia del cavatappi. Il ciccione però è l’unico che lo sa, perciò, eliminato lui io sarò salvo: semplice! Ma, anche non andasse così, lo sistemerò comunque per le feste.. –
Nemmeno il frastuono della porta che cedeva di schianto gli fece comunque perdere completamente il controllo: - Ciao Ciccio, come ti va? –
L’occhio nero della Beretta esplorò la stanza – Ciao Lisca, ti cercavo e ti ho trovato, tutto bene? –
- Dipende, in quale veste sei venuto? Sei qui come un vecchio amico o sei qui in divisa? E’ differente, lo sai.. –
- Il tuo forte sono i giochini con il coltello , non con le parole. E poi, se non ricordo male, non hai mai badato troppo alla forma.. –
Il Lisca sorrise – Beh, c’è forma e forma –
- Ah, che distratto, la mia Beretta nuova fiammante.. le sono affezionato in effetti, ce l’ho sempre in mano, ma tu non preoccuparti, anche se ha un aspetto aggressivo in realtà è piuttosto timida: fa finta di niente.. –
Il Lisca strinse gli occhi, un nervo sulla fronte che scalpitava e le dita delle mani che si intrecciavano: e così Ciccio era cambiato, eccome! Non era più il ragazzino grasso che respirava con la bocca, che scappava se alzavi un braccio per grattarti ma rimaneva impalato all’arrivo della gazzella, ed il questurino lo cacciava a pedate dopo avergli sequestrato il maltolto. Quello era il Ciccio ieri, ma oggi? Il Lisca non si arrendeva all’idea – Ha avuto soltanto una fortuna sfacciata, ha visto il cavatappi ed ha fatto due più due, che merito c’è ? – C’era, invece. E stava in quella specie di cannone che teneva in mano.
L’ispettore intanto si guardava attorno, guardingo. Possibile che tutto fosse così facile, lineare? Come mai il Lisca era, o sembrava, così remissivo, così rassegnato? Quella stanza disadorna nascondeva forse una trappola: un complice nascosto nell’armadio, un’arma infilata negli stivaletti anni cinquanta, una uscita segreta nella quale tuffarsi e sparire? Guardò l’uomo in canottiera seduto sul letto sfatto di una camera d’albergo di infima categoria e decise che no, non c’era alcun dubbio: stavolta gli era andata di lusso e lui, l’ispettore Armani, aveva in pugno la soluzione di uno dei casi più scottanti degli ultimi cinque anni. Si sentì forte
- Ti arresto per omicidio Lisca, in nome della legge, per cui niente di personale anche se, lo riconosco, tutto ciò mi riempie di gioia. E’ ovvio che sarei curioso di conoscere i dettagli, il motivo di questa crudeltà, ma non c’è fretta; abbiamo tutto il tempo di ricordare i vecchi tempi in commissariato.. –
- I vecchi tempi.. bei tempi, non credi? Te lo ricordi com’era questo quartiere? Chilometri di prati lontani dalla città, un autobus ogni due ore, una macchina della polizia una volta al mese.. ahh, che libertà: né dentro né fuori la legge anzi, cos’era, dov’era questa legge? Noi eravamo la legge.. –
- Tu e qualcun altro eravate la legge, lo sai bene anche tu. Un sistema sociale come un altro: voi al vertice, poi i vassalli, i leccaculo ed in fondo al barile gli schiavi.. per salire di grado dovevi sputare sangue, a proposito, te lo ricordi quel rituale? –
- Il rituale.. vuoi dire il patto di sangue? – gli occhi del Lisca brillarono – Stai parlando proprio di quello? Scommetto che tu, non volermene, non ci sei mai stato ammesso.. su, su, confessa: non te l’hanno mai fatto fare, vero? –
- Perché hai ammazzato la ragazza? –
- Su, non cambiare discorso: come dite voi poliziotti, non rispondere con una domanda alla domanda! –
- Perché hai ammazzato quella povera ragazza? –
- Via, non fare il duro con me, Ciccio! Ti do atto di esser stato un fesso, di averti sottovalutato. Ti credevo un incapace ed ho sbagliato: un errore di valutazione che pagherò a caro prezzo, non ti basta? Conosco le regole e non ho intenzione di trasgredirle: ti offrirò i polsi e andremo insieme al commissariato ma niente di più, chiaro? –
L’ispettore si rilassò – Come preferisci ma.. il patto di sangue, cosa stavi dicendo? –
Le dita del Lisca tamburellarono sul comò – Il patto.. era un riconoscimento dovuto a chi avesse compiuto qualcosa di importante per la banda, per me.. oggi tu l’hai fatto contro di me, ma credo ti sia meritato ugualmente quel premio. Se vuoi lo facciamo, per dimostrarti che non serbo rancore.. –
Ciccio non esitò neppure un istante – Certo, ecco il coltello, fallo tu.. – tolse di tasca un temperino e glielo porse. Il Lisca aprì la lama lunga appena un paio di dita e scoppiò a ridere – Sei sempre il solito dopotutto.. lo faremo bastare –
Si fece serio, poi un colpo secco e la lama tracciò un segno rosso sull’avambraccio – Ed ora a te –
I due rimasero così, a fissarsi, il sangue che gocciolava sul pavimento – Forza, uniamo le ferite: in silenzio, perché un patto di sangue non ha bisogno di parole –

Non c’era un solo ventilatore in funzione al commissariato quella mattina. Nei corridoi camicie sudate svolazzavano, pantaloni troppo corti frinivano come bandierine, passi veloci spingevano masse corpulente in un via vai frenetico; c’era un bel movimento insomma. Soltanto l’ispettore Armani sedeva tranquillo alla scrivania, l’aria del gatto sazio. L’appuntato Ponzoni entrò e depose rispettosamente la posta. Proprio così: rispettosamente! - Scusi ispettore, il commissario Bazzini sta uscendo.. ehm, complimenti ispettore –
Ciccio non lo degnò di uno sguardo, strinse di un buco la cinta ed uscì. Il commissario stava già prendendo il volo, le braccia che reggevano a stento qualche chilo di documenti, le gambette veloci come il ventisette, giorno di paga
- Commissario.. –
- Ciao Armani, complimenti, complimenti.. ti proporrò.. –
- Ma ha confessato? Cosa ha detto? –
- Non ho tempo, scusami ma sai, ha telefonato.. ci sto andando, ma tu cerca il Benvenuti che ti può dire tutto. Hai fatto il colpaccio stavolta, credimi! –
La barba lunga e le occhiaie di una notte impegnativa, l’agente Benvenuti era ora stravaccato sulla morbida poltrona similpelle del commissario – Salve ispettore – scomparve dietro la scrivania e riemerse con una scatola di sigari ed una bottiglia di brandy. Malgrado l’ora tirò una sorsata da cammello – Favorisci? – Ciccio si massaggiò il polso lì, dove c’era un cerotto a memoria perenne di una giornata indimenticabile – No grazie. Forza, raccontami com’è andata –
L’agente si accese un sigaro – Beh, più facile del previsto: l’ha uccisa ed ha confessato. Tutto semplice, senza problemi.. –
- Ma perché? Che relazione c’era fra lui e la ragazza, tra una bellezza dei quartieri alti ed il Lisca che non si muoveva mai dal quartiere? Come si sono incontrati? –
- E’ stata lei a cercarlo: si faceva e lui le procurava la “roba”, quella migliore. Così sono diventati prima amici, poi amanti.. –
- Ho capito, ma poi? Forse lei non lo pagava.. ma no, no, se lei era ricca non aveva senso. Ho capito: il Lisca l’ha ricattata, lei si è ribellata e lui.. –
- No, no. Qui la storia si fa un po’ complessa. I due hanno cominciato a frequentarsi, lui le raccontava della vita nel quartiere, della sua giovinezza e lei lo ascoltava, sembrava affascinata.. poi il Lisca si è messo in testa che era la donna della sua vita, sai com’è –
- Giusto, lei non voleva andare un certo limite e lui l’ha ammazzata: classico delitto passionale! –
Benvenuti scosse la testa, ridacchiando – No, qui viene il bello! A lei andava benissimo ma, ascoltando tutte quelle storie di quartiere, voleva un impegno, una prova: un “patto di sangue”, qualcosa del genere.. –
- So di cosa stai parlando, e allora? Che c’entra il patto.. forse la ragazza non l’ha rispettato? Non si può, altrimenti son cazzi, è la regola –
- Macchè! E’ successo che dopo qualche tempo il Lisca ha dovuto fare delle analisi in ospedale ed ha scoperto di avere contratto un male terribile: capirai, ci è rimasto di sasso! –
Ciccio sembrava impietrito – Cancro..? –
- Aidiesse. Lei era sieropositiva ma non lo andava certo a raccontare in giro, neanche al suo grande amore. La furbetta l’ha voluto tutto per sé: contagiandolo, unendo il sangue delle ferite il patto è diventato un matrimonio! Tutto freddamente premeditato, capisci? Ispettore, ma cosa c’è.. stai male, ispettore.. ma dove vai? -