sabato 26 gennaio 2008

Settimo piano.




L’uomo in tuta blu esce dall’ascensore, le mani in tasca e la borsa a tracolla. Scruta prudente il lungo corridoio sul quale si affacciano porte chiuse, trattiene il fiato per sentire i crepitii silenziosi del condominio come uno scoiattolo nel bosco, arretra guardingo fino alla finestra di aerazione e la apre. Uno sguardo indifferente al vuoto che sta di sopra, di sotto e dinnanzi: prima la borsa poggiata sul davanzale, poi i piedi sul cornicione stretto, come si possono avere nervi tanto saldi? Gesti precisi, consueti. Quanto lo spazio che lo divide dal poggiolino? Tre metri e qualcosa, parola di geometra mancato. Palmo a palmo avanza lungo la parete come un geco mentre ripercorre mentalmente i punti fondamentali del piano; il modo migliore per mantenere la concentrazione. Dunque: il suo uomo, il padrone di casa, è ricco, molto ricco, e per un paio di settimane se ne starà pancia all’aria al sole delle Haway. Nell’appartamento ci sono quadri di valore, ori e gioielli; niente liquidi perché i ricchi non usano. Il sistema d’allarme copre soltanto l’entrata perché, in apparenza, è l’unica via di accesso. Chi può essere così pazzo da percorrere più di tre metri su un cornicione largo una spanna per raggiungere il poggiolo situato al settimo piano di un palazzo di marmo levigato come una saponetta? Lui, soltanto lui, l’Unico!
Attenzione ora, è il momento più delicato. Vicini alla mèta i movimenti cambiano e così l’equilibrio, la mente può essere distratta dall’ansia o dalla presunzione della conquista: bisogna essere molto cauti, coordinati. Si deve essere sicuri che quando il corpo si sposterà anche soltanto di un soffio dalla parete, la presa sarà sicura, precisa, efficace!
Neppure un metro dal poggiolo: la ringhiera offre una buona presa per le mani ma non c’è spazio per infilare i piedi. Non importa, non c’è spazio nemmeno per il dubbio. Neppure lui se la sentirebbe di ritornare sui propri passi, a quel punto.
Raccoglie le forze, trattiene il respiro ed aspetta. Il momento giusto. Pronti? Via! Un molleggio lieve, un balzo, un volteggio: ma che succede?! La tracolla si scioglie dalla spalla, la borsa imbizzarrita si impenna e ricade sul polso con uno strappo pesante, poi giù!
Un sibilo silenzioso, una vertigine; infine il tonfo sordo l’allarme dell’automobile che scatta come un cane in agguato. Angoscia ed ululati.
- Maledizione! – l’uomo si ritira furioso dalla ringhiera e si acquatta sulle mattonelle del pavimento – Tre volte maledizione, proprio sopra un’automobile doveva cadere, cosa faccio adesso? Arriverà il proprietario, chiamerà la polizia, scopriranno gli attrezzi da scasso, alzeranno gli occhi al cielo e tireranno le somme.. le dovute considerazioni! –
Osserva le tapparelle, si accorge che sono sgranate per far filtrare un po’ d’aria – e già, col caldo che fa !- entrare sarà uno scherzo.
Si tranquillizza finalmente perché nel condominio ci sono più di cento appartamenti ed almeno la metà sono vuoti per ferie. La polizia avrà il suo bel daffare prima di arrivare da lui. Le dita si muovono abili, la tapparella si solleva quanto basta: è dentro!
La penombra è un sollievo, il tinello un rifugio, la poltrona un traguardo, il mobile bar un invito: ci facciamo un drink? Birra! Per forza, dato che il frigorifero è stipato di lattine, meno male che.. – La mia marca preferita! Bene, cominciavo a pensare che la signora Fortuna se ne fosse andata in ferie assieme al padrone di casa, invece si dev’essere soltanto distratta un attimo.. –
Prende la più gelida, si toglie le scarpe e sprofonda nella poltrona piazzata davanti al televisore.
- Quasi quasi lo accendo, ho tutto il tempo che voglio. Non sarò così imbecille da arraffare qualcosa e squagliarmela! Tra qualche minuto di sotto sarà un telefilm americano: il proprietario dell’automobile che strilla come un’aquila ferita, gazzelle che sgommano, sirene a squarciagola, la piccola folla dei senza ferie che ha trovato un buon motivo per sfuggire l’aria condizionata. No, no. Io me ne sto qui tranquillo, con la mia bella birra fresca. –
Ma rinuncia alla televisione, perché a quell’ora non c’è un programma decente e poi è meglio non rischiare. La birra scivola a sorsate avide nella gola come il migliore degli anestetici finchè dalla fronte sgorgano spontanee goccioline e goccioloni di sudore come una fungaia dopo il temporale: è il famoso effetto sauna, una reazione assolutamente normale. A portata di mano il mobiletto con l’impianto hifi, giapponese, uguale identico a quello che gli ha regalato sua madre per il compleanno. Scorre il dito tra i compact, tutta musica classica – Haidn, il massimo.. – si sente proprio a casa sua. Osserva i quadri appesi al muro: paesaggi, figure morte.. bello quel Mirò, autentico? E’ tutto un po’ alla rinfusa, quella mescolanza tipica di chi non se ne intende, di chi compera soltanto perché è un affare, ma se in quel bendiddio non ci sono falsi questo è il colpo della vita.
Ma quel quadro d’angolo, la piazza, le ombre lunghe: dove l’ha già visto? Ma certo, il colpo in Spagna! Quel Guttuso l’ha rubato lui!! Un pudico senso di orgoglio gli nasce nel petto, neanche l’avesse dipinto ed ora lo trovasse appeso dove meno se lo aspetta: in una casa signorile, presso un ospite di quelli che contano!
Ah, se lo ricorda quel colpo. Si era procurato un bel falso dallo “Svizzero”, un vero campione nel suo genere. Finito male, poveretto. Pagato alla grande, forse troppo, ma l’impresa era stata epica e fortunata. Prima a beffare la vigilanza privata del Museo, poi la Milizia spagnola, infine le guardie di confine. A casa tiene ancora un pacco così di articoli di giornale. Ma come sarà finito qui?
- Ah, ah! E adesso me lo riprendo! Incredibile, ci dev’essere un legame, un destino comune tra me e questo quadro.. –
E se, con un gesto munifico, lo lasciasse lì, nel bel mezzo di una parete completamente nuda? Già, e se poi il proprietario si limitasse a tirare un sospiro di sollievo ed a considerare il ladro un povero ignorante? Questo non gli piace. Decide di non dare soddisfazione alla vanità ma che, invece, è ora di darsi da fare, di dare un’occhiata al resto dell’appartamento.
La cucina. Bella, luminosa, spaziosa, frigorifero pieno, mobiletti traboccanti, ci sarebbe da saziarsi per un mese svaligiando soltanto quella.
La stanza degli ospiti. Elegante, signorile, ma insignificante dal suo punto di vista.
La camera da letto. Armadi a muro e blu elettrico alle pareti, il colore giusto per riposare e tutto il resto.
Sì, ha sempre avuto un debole per quel colore, forse perché ha sempre sognato la carriera dell’aviatore, forse per le estati trascorse pancia all’aria e naso al cielo. Azzurro. Possente, immobile, profondo, anche noioso dopo un po’: che altro può fare un ragazzo senza una lira in tasca? Era stato proprio durante una di queste estati che, pensa e ripensa, aveva deciso che quella situazione non poteva durare a lungo. Vitelloni si nasce e non era il caso suo.
Così si è dato da fare, con successo. Beh, qualche volta il cielo l’ha rivisto, a scacchi, ma tutto sommato tra il dare e l’avere..
La stanza da letto, dicevamo. Il luogo dove ogni essere umano, razionale e ricco ha la vaga ed irresistibile tendenza a tenerci una bella cassaforte; per i meno abbienti c’è il materasso. Eccola infatti, dietro una crosta senza valore.
- Ah, ah! Questo si crede intelligente, un furbacchione.. vediamo il modello: uhm, nuova di zecca, collegata al sistema d’allarme. E bravo, vuoi farmi lavorare, eh? –
Passa nello sgabuzzino dove trova gli interruttori generali, fruga nella borsa degli attrezzi del padrone di casa e risolve in fretta la questione
- Bene, l’allarme è staccato, ora tocca alla signorina –
Non ha mai avuto troppa fortuna con le ragazze, ma con le casseforti tutta un’altra storia! Un quarto d’ora e lei cede arrendevole; con un sibilo che sembra un sospiro l’oblò si apre e mostra controvoglia ogni segreto. E c’è di tutto: ori, gioielli, diamanti, monete!
- Miseria, questa è la volta buona che mi ritiro! - c’è emozione nelle parole, ma non nelle mani che con calma e delicatezza poggiano sul pavimento i cuscini di velluto sui quali brilla quel bendiddio – Guarda che roba! E questo zaffiro? Bello, mi ricorda qualcosa.. –
Ah sì, il colpo nella villa della Contessa. Una notte movimentata, un colpo in apparenza tranquillo, un piano che sembrava perfetto ma che si era rivelato approssimativo ed improvvisato tanto che mai come quella volta si era sentito tanto vicino all’imbarazzo che soltanto un ladruncolo colto sul fatto può provare. Ma anche l’occasione, la prima, nella quale il pericolo imminente aveva fecondato una capacità inimmaginata di fantasia e creatività. Proprio così: creatività!
Cosa avreste fatto voi se vi foste trovati al posto suo, in un salone seicentesco di una villa veneta vuota di inquilini e piena di capolavori e gioielli, vestito da ladro come si compete ad un professionista e, all’improvviso, gli enormi lampadari che pendevano da soffitti stratosferici si fossero accesi tutti assieme ed una folla di persone che sembrava uscita da una commedia del Goldoni avesse inondato vociante ogni angolo della sala? Arlecchini, Pantaloni, Colombine, damine e cicisbei, ventagli e parrucche, spreco di cipria e di nei: lui vestito di nero e torcia elettrica. Diabolik è comunque una maschera ma, come personaggio, poco consono al tempo, all’ambiente ed alla situazione! Certo, la prima reazione rapida ed improvvisata era stata quella di tuffarsi in una specie di madia, ma si capiva che la festa sarebbe durata a lungo: quanto avrebbe potuto resistere là dentro? Poi si erano abbassate le luci e dal giradischi, invece di polke e minuetti, uscivano lenti pomicioni. Le coppie si erano avvinghiate languide e lui, sempre più scomodo ed in debito di ossigeno, ne aveva approfittato per accendere la torcia ed ispezionare il contenuto della madia: tovaglie, tovaglioli e fazzoletti. Tutto rigorosamente di lino. Che se ne faceva? Intanto le luci si abbassavano sempre più, le voci si spegnevano in sussurri, poi in mugolii e lui stava per avere una crisi di nervi. Che figura, che figuraccia se si faceva beccare.. meglio decidere qualcosa.
E così fece: a luci praticamente spente, aveva spalancato d’un botto il coperchio della madia sventolando una tovaglia di lino così gialla che sembrava un catarifrangente e lanciato un grido disumano.
- Il fantasma!! – grida isteriche, fuggi fuggi caotico, uno sgommare frenetico. Poi, un silenzio salutare.
E lì, nel bel mezzo della sala, uno zaffiro splendeva sul pavimento. Ah, che notte!
Ma ora basta con i ricordi, anche se è simpatico ogni tanto lasciarsi andare, specialmente quando sei rilassato, quando nessuno ti soffia sul collo, quando il pericolo ti concede del tempo che è delizioso centellinare.
E’ che qui si trova bene, a proprio agio; sembra anzi che tutto in quella casa, dai mobili alla refurtiva, gli riapra i cassetti della memoria, giù e giù fino all’infanzia. Già, ma non si può fare in un mestiere come il suo. Ogni distrazione può essere fatale, è logico.
Allora, con la precisione e la meticolosità di un magazziniere comincia a dividere e catalogare la merce.
Il suono del telefono lo coglie mentre assaggia i carati di un anello e quasi ci rimette un dente. Chi sarà?
- Che faccio, rispondo? No. Sicuramente è una trappola, la polizia avrà deciso che non vale la pena di farsi tutta quella fatica perlustrando gli appartamenti e starà usando il telefono. Più facile e pratico.. – Lo squillo insiste – Però non è detto. Potrebbe essere chiunque: il figlio, l’amante.. sì, sono curioso. E allora? Posso sempre dire che hanno sbagliato numero.. –
La mano esita, il trillo continua, alla fina alza la cornetta
- Pronto? - tenta di camuffare la voce
- Sei tu Luigi? Parlo con Luigi Tentoni? –
Riappende di scatto – Ma che razza di scherzo è questo?! Chi diavolo può sapere che sono qui, in questo appartamento?! Maledizione, non ne ho parlato con anima viva! - E’ spaventato sul serio e non è finita perché subito il telefono riprende a squillare. Luigi infila la testa sotto i cuscini del divano – Ma chi sei, che vuoi, chi ti manda?! Maledizione, non avrò lasciato i il portafogli con i documenti dentro la borsa degli arnesi! - Si fruga nelle tasche ed il portafogli c’è, i documenti pure – Qui c’è puzza di bruciato, ma non finisce qui, eh? Non finisce qui! Non sono un tipo arrendevole io, non mi conoscete anche se sapete il mio nome.. Calma! – siede sulla poltrona, infila le scarpe perché è meglio essere pronti a tutto e tenta di riflettere, di ripercorre le tappe del piano per scoprire dove mai ha commesso un errore così grossolano
- Sanno come mi chiamo, conoscono il mio nome.. ma come hanno fatto? - non lo sa, non riesce proprio a spiegarselo. Però è strano anche il comportamento della polizia! – Ma cosa hanno in mente, di telefonare in un centinaio di appartamenti chiedendo se il sottoscritto è per caso impegnato in un furtarello?! Inverosimile, via! E poi la voce al telefono, giurerei di conoscerla.. – ha un piccolo brivido – Sembrava Carlo – Già, suo fratello. Ma è morto, da qualche anno ormai.
Scuote la testa per scacciare il ricordo di allora ed il problema di adesso: la soluzione dev’essere un’altra. Così, seguendo un dubbio, un’intuizione, un’idea strampalata, si alza e si avvicina cauto all’ingresso, scruta dallo spioncino, apre la porta, legge la targhetta in bronzo
- Dott. Cav. Tentoni Luigi –
e rimane di sasso. Ah beh, questa poi! Roba da morir dal ridere!
- Ah, ah.. Dott!! Cav!! Ah,ah, questo è il colmo! Un incredibile caso di omonimia, il derubato ha lo stesso nome del ladro.. titoli a parte, ah,ah! Ma come ho fatto a non capirlo subito? –

Di sotto la strada è animata. Malgrado il caldo feroce, malgrado sia tempo di ferie.
- Che succede? Che succede? – la polizia ha il suo bel daffare per tenere lontano i curiosi.
- Sgomberare, sgomberare, che ci fate in strada con questo caldo.. forza, se non ve ne andate vi sbatto al fres.., vi sbatto dentro! E’ lei che ci ha chiamato? – l’uomo dice di sì e si capisce che ha vomitato.
- Guardi qua – mostra il corpo scomposto sul tetto sfondato dell’automobile. Il poliziotto osserva con l’aria esperta e competente, gira attorno alla macchina – Che schifo, come ha fatto a ridurlo così? Ne ho visti di incidenti ma è la prima volta che vedo un uomo investito dalla capote di un’automobile: lei è un fenomeno! –
- Ma che sta dicendo?! L’automobile è parcheggiata da due giorni! Questo tizio si è sfracellato da uno dei poggioli che stanno proprio qui sopra! Mi sembra evidente, no? – l’uomo si accascia sul bordo del marciapiede – Cristo, presa col leasing.. –
Il poliziotto si gratta una guancia
- Da lassù dice, eh? Suicidio, di sicuro – ma l’altro scuote la testa
- Ha una tuta da operaio. Forse era addetto a qualche manutenzione, forse doveva fare qualche riparazione. Sarà scivolato.. proprio qui, destino infame! –
Poi alcune mani si alzano indicando verso l’alto
- Guardate lassù, c’è una borsa appesa la poggiolo! Al settimo piano! –